Tozzetti di Viterbo

Tozzetti di Viterbo

Tozzetti di Viterbo

Come blogger romana, sono sempre curiosa di scoprire i prodotti del territorio e della mia regione. Il Lazio ha davvero tante meraviglie da scoprire e nonostante anni di “approfondimenti” continuo ad apprezzare realtà ed abitudini locali nuove per me, che fanno parte del nostro ricchissimo patrimonio culturale.

Il Lazio conta molti interessanti produttori, in più occasioni nella mia rubrica per LaDiscussione ho anche parlato di alcune realtà. Si profilano tuttavia sempre più interessanti oggettività di qualità e proprio all’interno di questo discorso quindi si colloca la collaborazione con Tuscia Viterbese.

Tuscia Viterbese è il marchio di qualità della Camera di Commercio di Viterbo che utilizza  “Unbox&Taste”, un format che va incontro ai buyer e compratori perché permette di ricevere a casa e di conoscere e scoprire, tutte le realtà di questa zona che di questo marchio fanno parte. Grazie a loro si ha modo di apprezzare tanti produttori del nord del Lazio, più o meno grandi che costituiscono delle vere perle per il nostro territorio.

Tra le tante storie che avrei potuto scegliere di condividere però ce n’è stata una che mi ha ispirata subito e che ritengo sia sconosciuta a molti, quindi oggi partiamo alla volta del lago di Bolsena, ma più nell’entroterra verso Orvieto.

C’è quindi una leggenda che ancora si racconta nelle campagne intorno al lago di Bolsena. Sembra proprio che i primi a indurre il Papa al peccato, furono alcuni pescatori e contadini di una località sulle sponde del lago, chiamata Marta. Questi “villici” gli fecero assaggiare dei pesci, lunghi e affusolati, che venivano pescati con la tecnica della “Cannara”. Infatti, lungo una strettoia del fiume Marta, si era soliti pescare le anguille, queste, venivano catturate dopo averle costrette a passare in una strozzatura tra le canne, di qui il nome “cannara” appunto.

Il Papa all’inizio si mostrò particolarmente contrariato, perché quegli “animali” somigliavano ai serpenti, ed evocavano ovviamente il simbolo del peccato.

Ma il Papa dovette poi costatare che i contadini e la gente del luogo invece mangiavano con gusto e soddisfazione i pesci, soprattutto arrostiti alla brace e conditi con olio extravergine e alloro, accompagnati abbondantemente da bicchieri di “leggiadro”, così veniva chiamata il vino rosso locale.

Infine il Papa cadde in tentazione e anche lui non disdegnò l’anguilla con vino prodotto qui.

Di quale vino si trattava? bè, all’epoca, sembra proprio che il vitigno diffuso qui fosse il canaiolo, uva che veniva lavorata e conosciuta in versione “amabile” quindi leggermente dolce. Abitudine abbastanza diffusa nel medioevo, addolcire il vino era consuetudine

Il canaiolo si produce ancora oggi intorno al lago di Bolsena, è un uvaggio particolare che viene vinificato amabile da alcuni interpreti per rispettare questa tradizione. La sua tendenza dolce si presta sicuramente ai piatti a base di anguilla in primis, come abbinamento tradizionale del territorio, ma anche in abbinamento a dei tozzetti, biscotti secchi, che data la zona devono essere rigorosamente a base di nocciole, visto che se ne producono molte e di ottima qualità in Tuscia.

Il vino che si sposa bene per questi tozzetti di Viterbo, è il vino di Debora Castelli, un canaiolo nero, in versione dolce che in omaggio alla storia del Papa si chiama oggi, Martino IV.

Martino IV, Papa nel 1281, è il Papa di cui raccontavo sopra, la sua storia venne tramandata da Dante Alighieri che lo aveva collocato nel girone dei golosi proprio per questa storia delle anguille e del vino.

Il vino dell’azienda agricola Castelli che ne porta il nome è rosso di corpo e con buona struttura, non eccessivamente dolce (non aspettatevi un passito per capirci) ma con quella giusta componente di amabilità che lo rende versatile per divertenti abbinamenti.

Per maggiori informazioni invece su #unboxandtaste e sui prodotti che fanno parte della selezione della Tuscia Viterbese, rimando alla pagina Facebook.

Invece per la ricetta, vi segnalo che è un la versione dei tozzetti più friabili che abbia mai provato proprio per questa ragione bisogna prestare molta cautela al momento del taglio del filoncino perché tende leggermente a sbriciolarsi, quindi vi consiglio di affettare il panetto con cautela facendovi aiutare da un coltello seghettato grande (tipo quello da pane).

Cosa occorre per preparare i tozzetti di Viterbo

250 gr di farina 00
150 gr di nocciole tonda gentile romana
150 gr di zucchero
2 uova
la scorza di 1 limone
1/2 bicchiere di olio extravergine d’oliva della Tuscia
1/2 bustina di lievito
1 pizzico di sale

Come preparare i tozzetti di Viterbo

Accedere il forno a 180°C e tostare le nocciole per 10 minuti, fino a che non sono belle profumate.

Tagliarle grossolanamente,  grattugiare la scorza di limone e tenerla da parte.

Mescolare le uova con lo zucchero nella planetaria o in  una ciotola, aggiungere mezzo bicchiere di extravergine fruttato leggero e la scorza del limone.
Setacciare la farina con il lievito e unire al composto insieme alle nocciole e al pizzico di sale.

Formare un filoncino lungo circa 20 cm e metterlo in una teglia ricoperta da carta forno.

Cuocere in forno a 180° per 20 minuti, tirare fuori e tagliare i tozzetti ancora caldi.

Prestare attenzione a questa operazione di taglio, i tozzetti sono molto friabili e tendono a sbriciolarsi quindi consiglio di utilizzare un coltello da pane per tagliare e accompagnare il biscotto sulla teglia poggiandolo sulla lama.

Mettere di nuovo nel forno la teglia o le teglie con i biscotti tagliati e far dorare 10 minuti ancora.

I tozzetti una volta raffreddati sono un perfetto fine pasto servito con il canaiolo di Castelli.

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