La giornate accese di giugno, portano con loro il profumo dei tigli la voglia di viaggiare, agosto non è lontano e i più organizzati hanno già deciso le mete estive, altri ci stanno pensando e nel frattempo una giornata qui, un’altra lì, iniziano a posizionare pezzi che compongono quel puzzle generale chiamato “piano di fuga estivo”, costellato di momenti da cesellare dall’impattante routine quotidiana costituita da lavoro, impegni e famiglia.
Castel San Giorgio è un piccola località che si trova nella campagna umbra non lontano dal Lago di Bolsena, ma in un crocevia abbastanza particolare vicino Lazio e Toscana, nel cuore delle colline che hanno cullato l’antica Etruria. L’altopiano dell’Alfina, dove sorge il Borgo La Chiaracia il posto di cui vorrei raccontarvi oggi, è una località caratterizzata da morbidi paesaggi rurali che in questa stagione dell’anno alternano campi d’oro con balle di fieno e coltivazioni ancora di quel bel verde primaverile e rinfrancante.
All’interno di questa struttura ricettiva immersa nella natura, si trova una piccola perla incastonata tra i muri di pietra naturale e le ampie vetrate affacciate sulla campagna antistante, il ristorante “Radici”.
Ampia sala con arredo classico-minimale e piccola veranda fuori all’aperto per serate più calde. In questa occasione ci hanno fatto accomodare nella sala interna e finalmente siamo entrati nel regno dell’Executive Chef Daniele Auricchio e del sommelier Mauro Clementi.
Il percorso che si può trovare qui è principalmente composto da due menù: il primo è “Origini”, 5 portate, e l’altro è a “Mano libera”, sono 6 portate a scelta dello chef, rispettivamente 80 e 110 €, in alternativa si può procedere alla carta.
Iniziamo con il benvenuto dello chef abbastanza sorprendente nei 3 assaggi proposti, insieme ad un calice di Casa Caterina “60” blanc de blancs. Sulle 3 alzatine arriva: la meringa di melanzane, croccante e dal gusto leggermente fumè, la tartelletta con lenticchie nere di Onano, croccantine e sfiziose e il bon bon di pane croccante con paté di fegatini e lampone, che sa di Umbria e Toscana.
I pani proposti sono con cicoria e pecorino, focaccia da abbinare all’olio extravergine, quello servito era l’Intenso di Alfredo Cetrone, e la pagnotta integrale di lievito madre.
Rievoca il tagliere di salumi delle classiche osterie di zona la seconda entrèe, ma qui c’è un esperienza un pochino diversa, il “lardo” è di rapa marinata, il guanciale è di salmerino, mentre la coppa di testa è effettivamente di maiale, con l’arancia.
Si prosegue con lo scampo crudo che viene servito con una panatura ricavata dal gambero stesso, insieme una salsa molto densa fatta di fondo di agnello, unendo così in questo passaggio mare e terra, come anche nell’entrée a base di coniglio avvolto in bietola e alghe marine, servito con limone fermentato e spuma che invece è a base di lattuga. Con questa panoramica sugli antipasti già è abbastanza evidente quale sia la vocazione dello chef, che riassumerei con “territorio e innovazione”, evidente la scelta di spingersi sulla voglia di sorprendere l’ospite, premendo sull’acceleratore dell’abbinamento inusuale e sulla decontestualizzazione.
Assaggiamo quindi i primi piatti, la proposta inziale sono stati dei paccheri serviti con condimenti diversi: salsa di pesce, tartufo estivo, salmerino e vari tipi di basilico. Seguono dei tubetti serviti con formaggio al miso, un piatto dall’aspetto confortante ma dal gusto non banale. Invece il bottone di pasta all’uovo con salsa e foglie di cime di rapa, al cui interno c’è del miso di semi di girasole e del formaggio, appare un piatto più insolito e dai piacevoli sentori amari che lo completano.
Tuttavia quello che probabilmente è stato il più entusiasmante di tutti è il cannellone di pomodoro, evoca le consistenze della pasta, anche nella sua croccantezza, ovvero quando la superficie resta abbrustolita, ma è realizzato interamente con il pomodoro. Infatti si compone di: riduzione di pomodori, pomodori in osmosi e gel di pomodoro, qualche foglia di basilico e per finire un brodo fatto di raspi di pomodoro essiccati. Il gusto di questo brodo richiama un pochino il sapore della liquirizia, anche se non è presente come ingrediente, ma la ritroviamo nel contorno servito insieme, realizzato con pomodoro sempre, kiwi e liquirizia.
Nell’approcciarsi a questi primi piatti assaggiati, secondo me emerge che lo Chef Auricchio ha un tipo di cucina istintiva e ispirata, sicuramente immersa nella sperimentazione di tecniche, cotture, consistenze e accostamenti inattesi, farcita dalla giusta dose di déjà vu riveniente dalla confortante cucina della domenica a casa, come è avvenuto propriamente nel piatto “cannellone di pomodoro”.
Per quanto riguarda i secondi piatti, lo chef ha amato giocare con i contrasti, soprattutto con le componenti acidule, ribadendo il concetto di sperimentare, senza mollare le «radici», appunto, anzi valorizzando il patrimonio di eccellenze del territorio, a tal proposito compaiono sulla tavola i prodotti dell’azienda Pulicaro di Acquapendente, i conigli e la cacciagione dell’azienda Il Fossile alle pendici del Monte Peglia, il maialino e le carni di Urbevetus allevati allo stato brado non lontano dal Lago di Corbara o il salmerino del Lago di Bolsena. Nonché alcuni prodotti che vengono coltivati direttamente nei terreni de La Chiaracia. Tra i secondi a mio parere degno di nota è stato la pancia di maiale grigliata, glassata con salsa barbecue ai frutti rossi e servita con una foglia di scarola.
Il menù è stato interamente accompagnato da una selezione di vini, alcuni molto interessanti, curata dal sommelier Mauro Clementi, tra quelli che ho apprezzato di più, il rosato di Pacina e Mujebel di Cornelissen.
Predessert composto da formaggio alle nocciole e composta di cipolle in agrodolce, seguito dal dolce vero e proprio: Pigna ripiena di pinoli e finocchietto e “La Chiaracia” bavarese di ciliegia e croccante al pistacchio, probabilmente quest’ultimo migliore della pigna! 🙂
Piccola pasticceria servita all’Etrusco bar in compagnia di Alessio Ciucci, tra un gelée al lampone, una ciambellina, ci vengono spiegati i drinks innovativi della carta, creati sulla base delle recensioni degli ospiti, i 5 elementi che ricorrono nella descrizione del Borgo sono Territorio, Relax, Persone, Moderno e Natura. Ad ognuno è dedicato un cocktail, ho provato quello al caffè arabica, miscelato con Montenegro, barolo chinato servito nella moka, devo dire una chiusura perfetta di una esperienza molto interessante, in un contesto davvero magico.
Borgo La Chiaracia Resort & SPA
Località Borgo La Chiaracia snc
05013 Castel Giorgio (TR)
info@borgolachiaracia.it
T. +39.0763.627123