Pianificare una cena da Giulio Terrinoni per me è stato un po’ più lungo del previsto, infatti, erano davvero anni che volevo provare il suo ristorante. In passato ero stata da Acquolina, ma oggi lo chef ha un locale a due passi da Piazza Farnese a Vicolo del Malpasso sto parlando di “Per Me”, aperto dal dicembre 2015. Ottiene una stella michelin dal 2017 e svariati importanti riconoscimenti che premiano la sua cucina che notoriamente è di pesce, come innovativa e nota per il suo impegno nella gastronomia sostenibile.
Se la sua proposta a pranzo è più particolare e volendo, insolita, per uno stellato, perché mette in carta tapas e alcune preparazioni non convenzionali, la sera la cena è più tradizionale. I menù sono 3: “Primi passi”, ovvero un percorso da cinque piatti iconici dello chef, a 95 euro a persona, “Testa mani e cuore”, menu da dieci portate a 150 euro e il “Think green”, quattro piatti vegetariani a 85 euro.
I menù sono studiati anche con dei calici in abbinamento, rispettivamente per le proposte sopra elencate sono: cinque calici per il primo, con 65 euro; 80 euro con sette calici per il menù da 10 portate e 55 euro, per quattro calici studiati per il menù vegetariano.
L’alternativa è il menù alla carta i piatti vanno dai 30 ai 45 euro, fa eccezione solo il piatto di crudi che viene 70 euro e sono 12 creazioni di mare.
Non avendo mai provato il ristorante optiamo quindi per il menù dei classici, sono 5 portate che raccontano l’idea di cucina dello chef attraverso i suoi piatti più iconici.
Si resta subito incantati dell’entrèe: riso patate e cozze (prima foto) replica esattamente il gusto del piatto che ti catapulta all’istante in Puglia insieme agli ottimi pani serviti con olio calabrese Sorelle Garzo, Dolci Terre monocultivar ottobratica.
La distesa di antipasti ricopre tutto il tavolo quando viene servito, sono varie preparazioni una più interessante dell’altra un vero viaggio tra i sapori
ostrica con sorbetto, spuma di cipolla di Tropea, tartare di pesce con rape rosse e brodo dashi, sgombro e triglia. Poi, cosa non può mai mancare in un antipasto italiano? Ovviamente le bruschette!? Una con neonata e l’altra con burro all’erba cipollina e bottarga. Devo ammettere che tanti di questi antipasti parlavano del sud del nostro bel paese e riportavano sapori decisi ma ben calibrati in ogni piccola creazione.
Il superspaghettone “Carbonara di mare” è un primo piatto talmente famoso di Giulio Terrinoni che proprio non si poteva non provare, il connubio di sapori è perfetto, la bottarga dona la sapidità agli spaghetti e in bocca con una consistenza pazzesca replica proprio quella di un guanciale croccante. La tecnica per realizzare così la bottarga che notoriamente non deve essere troppo scaldata per metterla nel piatto, è complicata, mi viene spiegato, e necessita di molta cura. Il risultato è un piatto che non si dimentica per i suoi profumi marini e per il gusto che ti riporta davvero all’idea della carbonara.
Nel secondo piatto di pesce infine si vede tutta la tecnica e anche il “vero”concetto che ispira sempre la cucina di questo chef: piatti di mare ma senza sprechi, infatti al pescato del giorno vengono affiancati 2 assaggi più piccoli ma estremamente gustosi di quinto quanto di pesce. Il primo è una battuta di interiora servita con maionese, invece l’altro è un fegatino di pesce servito con crostino di pane a riportare l’idea del classico toscano.
Invece il piatto principale era accompagnato da carciofo e salsa alle vongole, la pelle croccante replicava l’idea del pesce arrosto alla griglia. Un piatto eseguito perfettamente ma il fatto che fosse accompagnato dal quinto quarto secondo me è stato davvero il plus della portata sia come concetto sia come gusto.
La parte del dolce della cena è stata un’altra bella esperienza, pre-desset molto rinfrescante, dolce con lamponi e cioccolato giocato tutti sui contrasti e sulle diverse consistenze e infine la piccola pasticcieria: piccoli bignè e cannoli in perfetta tradizione italiana.
La carta dei vini è ricchissima con bottiglie rare ed importanti, noi abbiamo accompagnato il tutto con uno champagne Bollinger, ma con una carta del genere ci si può sbizzarrire. Il locale ha un arredo minimale, tavoli scuri senza tovaglie, ma servizio amichevole non ingessato, lo staff giovane rende tutto molto “friendly” senza eccessivi formalismi, il che non guasta, soprattuto quando sono piatti e la proposta ad essere la cosa più importante dell’esperienza. Luci posizionate sopra il tavolo infatti tendono a ribadire esattamente questo concetto.
Il menù cambia in base alle stagioni, tranne alcuni grandi classici che sono fissi, ma gli antipasti variano di frequente per questo è bello tornare più volte. Io invece la prossima volta voglio andare per provare le tapas del pranzo però! Chi viene con me?
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