Nelle giornate delle feste natalizie amo passeggiare per il centro di Roma, godermi le illuminazioni di via del Corso e dei negozi, girare, guardando la bellezza della mia città, preferibilmente a piedi. La zona di Campo Marzio mi piace particolarmente, ma per mangiare qualcosa spesso ci si deve barcamenare tra locali turistici di poco rilievo e qualche bar. Mi ha fatto molto piacere infatti scovare questo locale, in via della Penna vicinissimo piazza del Popolo, dove da subito, si percepisce una marcia diversa rispetto alla proposta circostante.
Ha aperto da un paio di mesi, Penna d’Oca, un ingresso piuttosto semplice e una piccola vetrina dove insieme al menù fanno bella mostra di sé: ostriche e caviale. Varcata la soglia spicca l’arredo curato con inserti argentati e scintillanti che rendono l’atmosfera elegante insieme ad un l’illuminazione studiata ad hoc per avvolgere piacevolmente la sala.
A consigliare, raccontare il menù e a dispensare con grande professionalità e passione dritte sul vino c’è: Alessandro Di Biasio. Lui è la vera anima della sala, competente e disponibile, non tarda a servirci il benvenuto dello chef insieme ad un calice di metodo classico di Verdicchio dei castelli di Jesi, Broccanera.
In cucina lo chef Massimiliano Valenti, la sua origine è lombarda, ci racconta volentieri le sue belle esperienze lavorative sia nella zona di Como che all’estero, si è fatto le ossa ci dice, elencando grandi chef da cui ha imparato il suo lavoro. Il suo sogno sarebbe di lavorare senza menù, per poter improvvisare ogni qualvolta lo desidera. Traspare dai suoi occhi la vivacità e la voglia di farsi strada.
Guardando il menù e la carta dei vini di Penna d’Oca si nota subito la buona scelta di pescato del giorno e molti crudi, dal Plateau Royal ai ricci di mare di varie provenienze, alle ostriche. Poi ci sono 2 menù degustazione uno da 8 portate e uno 10 rispettivamente a 80 e 100 euro. Alla carta invece si può scegliere tra 5 o 6 piatti per tipologia con prevalenza ovviamente di pesce.
La carta dei vini presenta pari numero di etichette italiane e francesi, tra i nomi più noti è presente anche qualche piccola chicca, ma senz’altro la cosa migliore da fare è affidarsi alla capacità di Alessandro nel saper interpretare il gusto del piatto ed abbinarlo al vino corretto.
Il primo antipasto che assaggiamo è scampi e mela verde, guarnito con polvere di plancton e germogli, è una combinazione gradevole e rinfrescante, lo scampo è carnoso e la sua tendenza dolce ben si abbina alla mela che invece è croccante e acidula.
Assaggiamo a seguire: Calamaro, puntarelle, neve di olio di oliva, tozzetto di Castel Madama e polvere di alici, è stato il piatto che più di tutti mi è piaciuto e che rapprenta anche la storia dello chef. Ci viene spiegato infatti che sua moglie è di Castel Madama e ha deciso di valorizzare un prodotto della nostra regione unendo al suo piatto il tipico tozzetto del Lazio, un crostino appena dolce che accompagna il pesce e la puntella condita come da tradizione con olio e alici. Davvero un bel connubio con un Bordeaux bianco: Chateu Lesparre 2014 Graves de Vayres, vino che non conoscevo, semplice, ma il match riusciva bene.
L’impatto cromatico del gambero con carne Wagyū, rapa rossa e lampone, è notevole, l’assaggio è interessante seppure il gusto della cipolla un pochino prevalente. Il piatto è stato abbinato con Fiorano bianco 2015, dopo anni che i vini della nota tenuta non riscuotevano grande successo al mio palato è stato bello riassaggiare questa bottiglia a distanza di tempo, la sua composizione è Viognier e Grechetto, il primo in prevalenza e devo dire che non mi è sembrato affatto una cattiva interpretazione, mi sto davvero ricredendo sui vini più recenti della tenuta di Fiorano.
Sfizioso il piatto di cappesante, polvere di aglio e cappuccino di latte di cocco un piccolo assaggio che coniuga la carnosità del mollusco al gusto del cavolfiore, e alla tendenza dolce del latte di cocco.
I tagliolini pistacchio, stracciatella e gambero assaggiati, sono un primo piatto ben eseguito e ricco di profumi mediterranei, buonissimo il crudo aggiunto sopra che crea un contrasto caldo freddo con la pasta pasta e la stracciatella. Il piatto è accompagnato da un pinot nero di Corton: Domaine cachat ocquidant Clos vergennes grand cru monopole 2015, sicuramente il vino della serata.
Cantucci e cioccolatini sono serviti alla fine come piccola pasticceria.
L’impressione che nel complesso mi ha fatto Penna d’Oca è quella di un locale giovane, uno staff con tanta voglia di fare e tanta passione, è sono solo all’inizio di una bella storia e confido che non tarderanno ad ottenere buoni riconoscimenti se continuano così.