Ci sono alcuni posti, sarà capitato anche a voi di incontrarli, sono locali che probabilmente non catturano particolarmente la nostra attenzione dall’esterno, ma poi una volta entrati e conosciuti meglio sorprendono e lasciano piacevolmente impressionati. Bene, questo mi è accaduto quando la settimana scorsa sono stata da Pataclara.
Siamo in via Calabria, un locale intimo e riservato con pochi coperti mura che lasciano scoperti i mattoni e un arredo industriale, con tubi a vista e un piccolo angolo bar davanti alla cucina.
In sala Claudio e Raffaele, che si alternano a seconda delle giornate e in cucina Giuseppe Milana, giovanissimo chef di 29 anni, che dopo l’esperienza presso il ristorante di La Mantia e l’esperienza con Kotaro Noda, sbarca a Pataclara con una cucina caratterizzata dalla sua creatività e commistioni di stili differenti. Guardando il menù, la proposta è semplice, 5-6 portate per ciascuna tipologia ossia per antipasti, primi e secondi piatti e 3 menù degustazione: uno da 45 e due da 60. La carta dei vini non ha numerose proposte ma è fatta con attenzione e particolare cura nella selezione di vini naturali.
E’ bastato accomodarci per godere subito del gradito benvenuto: bao bun con pulled pool e combucha allo zenzero da bere, per accompagnare.
Franciacorta brut nature Arcari e Danesi nel bicchiere, ad aprire le danze al percorso di degustazione che ci avrebbe aspettato.
Grissini e pani di grani antichi fatti in casa arrivano invece insieme al primo assaggio. Il “croccante di foie gras amarena e nocciole”, servito come antipasto mi fa pensare subito al dessert perché si presenta come il noto gelato, il croccante di nostra memoria. All’interno ha un cuore di amarena dolce che si sposa benissimo con il foie gras che lo avvolge, la granella croccante esalta il sapore del fegato grasso donando quella consistenza “scrocchiarella”, che invoglia alla masticazione.
“Noodle di cappesante, funghi shiitake e zenzero” sono dei finti noodle del tutto simili alla pasta come consistenza ma si realizzano unicamente con i molluschi, vengono serviti con un brodo dashi caldo, sono un concentrato di sapore e umami dato dai funghi e dalla spiccata aromaticità. L’influenza asiatica nel gusto di questo piatto è predominante, come anche l’intensità dei sapori via via va ad intensificarsi e a preparare il palato ai piatti successivi.
Il primo piatto che assaggiamo sono i “cappelletti di broccolo siciliano, scampi, birra e limone“, dentro una sfoglia all’uovo c’è il broccolo, molto saporito e dalla consistenza morbida, fuori una salsa alla birra condisce la pasta e a fianco un battuto di scampi, mangiato insieme si crea un bel connubio di sapori e il gel servito a fianco al limone rinfresca e da una bella armonia al tutto, rinfrancando il palato. Piatto buono ma è quello che ho preferito meno.
Invece sui secondi piatti, devo ammette che ho fatto i complimenti allo chef, cotture della carne assolutamente azzeccate che hanno reso entrambi i secondi assaggiati, piatti che non si dimenticano facilmente. Ad esempio la “ribs di maialino mora romagnola all’orientale con carboncelli e caki” viene cotta a lungo a bassa temperatura e poi condita con una salsa dai delicati toni orientaleggianti, il contorno autunnale ne esalta le componenti dolci e odorose.
Con le carni, tentiamo un insolito abbinamento con un vino bianco, verdicchio del castelli di Jesi Riserva 21 S. Michele, che fa un passaggio in barrique e ha una bella struttura, mineralità, morbidezza data al legno che non è troppo insistente.
Il “piccione lattuga albicocca, zenzero e orzo” si presenta così: alla base del piatto la lattuga brasata, sopra e intorno il piccione delle sue varie parti, la coscia e il petto, carne ben croccante fuori e morbida e tenera dentro. Al lato il suo fegatino, un boccone estremamente saporito che ti invoglia ad assaggiarlo spalmato su del pane. L’abicocca e zenzero danno la componente dolce e fresca che mancava al tutto. E’ stato il piatto che ho preferito.
“Granita all mandorla e brioche” il predessert omaggio alle origini dello chef, in pieno stile siciliano ovviamente. A seguire vengono serviti due diversi dessert il “Dolce Oliva”, nato per esaltare questo prodotto del nostro territorio l’oliva taggiasca, viene servito con un crumble, profumato alla fava tonka e accompagnato dalle cremosissime orelys.
Un trionfo di cioccolato invece è il “Ricordo di Ipanema” mescolato con la frutta tropicale, il mango in questo caso, unito anche al gusto della nocciola e del whiskey. Della piccola pasticceria invece non posso non citare le sfere di cioccolato al mojito, liquido dentro e croccante fuori, buone anche le meringhe alla liquirizia e i tozzetti.
Dell’esperienza a Pataclara sicuramente mi rimarrà il ricordo di una bella cena con alcuni piatti davvero notevoli. Lo chef ha un ottima mano in cucina e data la sua giovane età potrà migliorare e crescere molto a mio parere. Il servizio: cortese, attento e discreto, ma che non manca di essere anche dispensatore di consigli e di chiacchiere, soprattutto a riguardo delle materie prime di cui i proprietari sono esperti conoscitori e che molto spesso vanno a reperire spostandosi e andando a cercare in prima persona. La passione da Pataclara, si vede e si sente in tutto.
PATACLARA
Via Calabria, 31, 00187 Roma RM
Chiuso la domenica
Telefono: 06 4201 2290