Il sole trasforma le verdi foglie di ulivo donandogli un catarinfrangente colore argenteo. Gli alberi luccicano sotto la sua luce, soprattutto al mattino, quando i raggi iniziano a scaldare anche le mani infreddolite. Quando questo avviene sono circa le 9 e nel campo già si lavora da qualche tempo. Non ci si sveglia tardi quando arriva il weekend della raccolta delle olive, fin dall’alba si è pronti per sfruttare al meglio la giornata, perché si sa, quando farà buio non si potrà più lavorare. Ci si affretta a finire e si lavora concentrati e energici senza troppe soste.
E’ ottobre ed è il momento per noi di raccogliere le olive, a Chieti. Ormai penso che chi mi legge avrà preso confidenza con questo genere di post, visto che vi ho raccontato già quanto avvenuto negli anni passati. E’ quasi un rito che si ripete, non c’è due senza tre e mi viene voglia di raccontare anche della raccolta di quest’anno, perché, in effetti se non scrivo di questa davvero non torno a scriverne più. Quello che voglio dire è che dopo 2 anni di raccolto piuttosto insoddisfacente, pensate solo l’anno scorso quanti problemi con mosca olearia ed epidemie, quest’anno è stato davvero un anno eccezionale, più del 2013, più di quanto io ricordi da sempre. Anno eccezionale per l’olio sia per quantità che per qualità, le olive sono perfettamente integre, le buone condizioni meteo hanno consentito di fare davvero un buon racconto. L’evidenza del nostro campicello è confermata anche dai dati della Coldiretti.
Per tutti i giorni necessari alla racconta, arriva l’ora della pausa solitamente intorno alle 12, quando la zia Sonia e la nonna salgono anche loro al campo e vengono a portar il pranzo. Da ciò che mangiamo, si comprende che per noi, cioè per la mia famiglia raccogliere le olive, non è un lavoro ma un occasione per passare del tempo insieme… Non posso dire un divertimento, ma quasi. In fondo utilizziamo l’olio per il nostro consumo e non per venderlo, ogni anno che mi trovo a raccogliere le olive per un solo weekend penso a coloro che vivono di questo lavoro hanno tutta la mia stima.
Quindi dicevo, mia zia arriva per l’ora di pranzo, strombazzando con il clacson per richiamare l’attenzione, entra nel campo con la panda 4×4 e mette giù sull’erba le vettovaglie e via via, noi poggiamo per terra i rastrelli e ci andiamo a sedere sulle cassette di plastica.
I sapori che appartengono alle giornate di raccolta sono quelli del maiale della zia sonia, delle polpette di mia nonna e del vino di mio zio, si, quello fatto in casa servito nella bottiglia di plastica della coca cola finita. Qui non si ha tempo di fare i sofisticati, si mangia perché dopo 5 ore di lavoro tra cassette di olive e reti da tirare su, si ha fame ed è una fame davvero diversa da quella che si ha quando si torna dall’ufficio.
Mia zia quest’anno non persino pensato di portarci un dolcetto, di questo vi lascio la ricetta:
FIANDONCINI DOLCI DELLA ZIA SONIA
1 rotolo di pasta sfoglia
500 gr di ricotta di pecora
2 uova
100 gr di zucchero
la scorza grattugiata di 1 limone
1 pizzico di sale
1 poco di lievito per dolci
Mescolare la ricotta con lo zucchero lavorarla con le uova e lo zucchero e aggiungere il limone.
Stendere la pasta foglia e ricavarne dei quadrati.
Mettere i quadrati di pasta dentro i pirottini di alluminio e farcire con il composto a base di ricotta.
Chiudere i lembi di pasta sfoglia sopra alla ricotta.
Infornare a 180°, quando il forno sarà caldo, funzione ventilata per circa 30 minuti.
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