Sono anni che volevo scrivere un post di questo tipo, ma non l’ho mai fatto perché in fondo scrivere questo post vuol dire raccontarvi di me, della mia famiglia e di quei ricordi legati a persone che non ci sono più. Scavare nei miei ricordi e aprirmi a voi, che in fondo, ma chi siete!? 🙂 Fa sentire quasi depredati di quello che gelosamente custodiamo dentro. Io ho impiegato un pochino a trovare il coraggio, ma il tema di questo post mi piace troppo, per non condividerlo. Oggi oltre alla ricetta dovrete leggere nella tradizione e nei gesti il vero valore delle mie parole. Premesso ciò…
L’olio, un tema che per essere esaurito non basterebbe un post. Dalla tipologia dell’oliva, ai metodi di racconta, agli annosi problemi legati a spremitura di questi frutti, insomma un mondo intero da scoprire.
Scegliere un olio è un pochino come scegliere un vino a tavola, oppure scegliere gli ingredienti.
Persone più maniache dell’alimentazione (una a caso?) hanno in dispensa: 8 tipi di farine diverse, 12 tipi di spezie, 8 diverse tipologie di pasta, almeno 4 tipi di sali diversi (a seconda delle fissazioni personali)… E poi l’olio, bè l’olio, è quello!
Una bottiglia per condire tutto: pesce, carne, zuppe e insalate? O no?
Come è a casa vostra? Cosa scegliete?
COSA DEVI ASSOLUTAMENTE SAPERE SULL’OLIO, MA NON HAI MAI OSATO CHIEDERE:
L’olio e la conservazione:
– E’ preferibile conservarlo in bottiglie scure, quelle trasparenti che lasciano il liquido esposto al sole peggiorano le sue doti organolettiche e nutrizionali
– Se usate damigiane contenenti olio non lasciarle smezzate il contatto con l’ossigeno può danneggiare l’olio. Quindi rabboccare la damigiana, oppure usare bottiglie. Stesso discorso vale per le bottiglie non è bene lasciarle a metà per lungo tempo, rabboccarle sempre.
– Conservare in ambienti freschi, non vicino ai fornelli, non vicino a termosifoni.
L’olio e le sue tipologie:
– Si considera olio extravergine di oliva l’olio in cui l’acidità libera espressa in acido oleico non supera gli 0,8 gr per 100 gr e il gusto è privo di difetti.
– Si considera olio vergine di oliva, l’olio con acidità libera espressa in acido oleico che non supera i 2 gr 100 gr e con altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
– Si considera olio di oliva (miscela di olio di oliva raffinato con oli di oliva vergini) l’olio con l’acidità libera espressa in acido oleico che non supera 1 gr per 100 gr e con altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
In Italia ci sono circa 500 varietà di cultivar tra i più importanti:
Leccino (Toscana)
Casaliva (Friuli)
Biancolilla (Sicilia)
Frantoio (Umbria Toscana)
Taggiasca (Liguria)
Coratia (pugliese)
Nostrana di Brisighella (Emilia Romagna)
Carolea (Calabrese)
Moraiolo (Umbria e Toscana)
Ogni olio per suoi profumi e caratteristiche si sposa meglio con preparazioni invece che con altre. Il lecciono e la taggiasca sono perfetti per insalate composte e di mare, zuppe e primi alle verdure, bruschette e pesce al vapore.
Più decisi e amarognoli sono i cultivar: frantoi, casaliva, moraiolo, carboncella, biancolilla adatti a piatti più strutturati come pesci, crostacei alla griglia e gratinati, zuppe di pesce, insalate di legumi e zuppe più ricche a base di cereali, legumi o ortaggi, carni bianche e rosse.
L’olio al ristorante:
Dal 2006 l’oliera al ristorante è bandita!
Ogni bottiglia di olio servito al tavolo deve avere etichettatura “conforme alla legislazione vigente, i contenitori (di olio) devono essere muniti di un sistema di chiusura che perde la sua integrità dopo la prima utilizzazione e che quindi non permette il riempimento da parte dell’esercente”.
Come assaggiare l’olio:
– L’olio sprigiona il massimo dei suoi profumi se appena riscaldato, quindi su patate lesse e pane bruscato si apprezza maggiormente e libera immediatamente i difetti, se ne ha. – L’olio evo, può essere utilizzato in cottura anche per frittura il suo punto di fumo è di 210° e ha la dote di mantenere questa temperatura anche per lunghe cotture, senza decomporsi liberando glicerina e grassi.
A casa mia quando è periodo di olio nuovo è sempre una festa, produciamo un pochino di olio per il fabbisogno della nostra famiglia e poco più, nella zona di Chieti da olive leccino. Mi ricordo ancora quando c’era il mio bisnonno a raccogliere le olive, poi mi ricordo mio nonno, e ora i miei genitori. Trovare un frantoio che funziona come vogliamo noi non è sempre facile, il fiscolo è sempre dietro l’angolo. Con le nuove tecnologie di premitura con l’azoto le cose stanno andando migliorando ma i frantoi che se sono dotati sono ancora una minoranza, già è tanto trovarne uno che sprema a freddo.
Resta comunque una festa l’olio nuovo, perché quando si torna a casa, da che mondo è mondo si fanno le rivotiche. Sono gesti antichi che sono radicati in me da sempre.
Stentavo a volerlo raccontare perché non si può comprendere la bellezza di questa ricetta se non c’è tutta la famiglia attorno al tavolo, se non c’è il nonno ai fornelli che le prepara, insomma… E’ tutto il rito che si deve comprendere non solo la mera esecuzione.
Fatta questa premessa se vi state chiedendo: Cosa sono le rivotiche?
Vi rispondo subito: sono focaccine fini come crepes, solo di acqua e farina che vengono preparate con una padellina o un testo ben unto di olio novello.
Preparazione tipica dell’Abruzzo, può essere gustata semplice oppure farcita. Il nome: rivotiche, come è facile intuire vuol dire rivoltate, perché vengono rigirate in padella durante la cottura.
La ricetta dai miei nonni era fatta ad occhio, e vedrete che vi troverete meglio a fare anche voi così, ma, per precisione gli ingredienti li ho pesati! 🙂
LE RIVOTICHE (che in abruzzese si pronuncia li revotc)
150 gr di farina
300 gr di acqua
2 gr di sale
olio evo nuovo per ungere
In una ciotola mettere farina e sale aggiungere acqua mescolando con una frusta fino a togliere tutti i grumi. Deve avere la stessa consistenza delle crepes. Lasciare l’impasto riposare un paio d’ore e poi procedere alla cottura.
Scaldare una padella antiaderente, di quelle leggere, in alluminio è meglio, con poco olio che dovete spargere su tutta la superficie, potete usare un fazzolettino. Mettere in padella una quantità pari ad un mestolo pieno di pastella.
Cuocere un minuto da un lato, girarla e cuocere un altro minuto dall’altro, proseguire fino ad esaurimento della pastella. Le rivotiche vengono servite in tavola impilate una sull’altra. Ognuno attinge dal piatto farcisce la sua focaccia a piacimento e qui… C’è da sbizzarrirsi: ventricina, prosciutto, coppa e formaggi vari, qualche coraggioso anche con frittata di peperoni, io sono purista della rivotica salata ma c’è chi non la disdegna con la cioccolata da spalmare.
Con queste dosi vi vengono 8 rivotiche, ma fatene subito dose doppia, la bellezza di una serata come quella che vi sto raccontando è che in tavola ci sia una pila abbondantissima!
Aggiornamento: per fare le rivotiche per 10 persone ci vuole almeno 1,5kg di farina. Con queste dosi si ottengono 45 rivotiche, di solito una persona ne mangia 4 o 5.
Bibliografia oltre ai link indicati nel testo:
– Ais – Il cibo e il vino
– Bibenda n. 37 articolo: “povero Olio”