Ultima tappa: Termoli, piccola cittadina affacciata sul mare, copre parte dei 35 km di costieri in cui il Molise si affaccia sul Mar Adriatico. Regione sottovalutata, il Molise, sconosciuta, ma assolutamente preziosa, in cui ho trascorso gli ultimi giorni delle vacanza, che fin qui vi ho raccontato.
Termoli ha un fascino tutto suo a metà tra il paesino di pescatori e la località balneare superaffollata. Vale la pena fare la passeggiata sui bastioni della fortezza che si affaccia sul mare, dove ci sono anche due tradizionalissimi trabocchi, tipici di queste coste. Se siete qui a cena il mio consiglio è il ristorante “Svevia”, cucina di mare curatissima e del territorio, tuttavia se preferite andare sul tradizionale e concedervi un classico brodetto alla Termolese, io ho trovato ottimo quello dell’“Osteria Dentro le Mura”.
Dalla costa Molisana in meno di un ora in gommone si possono raggiungere le Tremiti.
Un piccolo arcipelago paradisiaco appartenente al Parco Nazionale del Gargano, che attualmente è riserva marina. L’Isola di San Nicola è quella di maggior interesse culturale sia per l’Abbazia, sia per il castello (purtroppo tenuto malissimo).
Particolarmente suggestiva è anche la statua sommersa di Padre Pio, che si trova vicino Capraia, si può distinguere solo nuotandoci sopra con la maschera, quando ti si para davanti sembra davvero un apparizione.
Mi dispiace per i gourmet, ma da queste parti ci sono solo ristoranti per turisti, quindi, il panino meglio portarselo da casa, magari provando qualche interessante formaggio a pasta filata della zona degli antichi tratturi del Molise, ad esempio Di Nucci.
Ma Molise vuol dire anche un altra cosa, e la parola magica è Tintilia, il vitigno autoctono che esiste solo qui e qui viene vinificato in 3 versioni “rosso” “rosso riserva” e “rosato”.
Tre le aziende che sono andata ad esplorare: Terre Sacre, Di Majo Norante e Borgo di Colloredo Tenute di Giulio.
Tutti abbastanza disponibili nell’accompagnarci e nel farci conoscere il territorio, ma non organizzati a ricevere visite per fare degustazioni.
Ciò che più di tutti è emerso è che il Molise è tuttavia una “terra di mezzo”, in cui ci sono tutti i presupposti per far crescere l’Aglianico (Puglia) e coltivare il Montepulciano (Abruzzo), anche con buon i risultati, la Tintilia è diffusa ma non tanto quanto credevo.
Tutte le aziende visitate, per la Tintilia scelgono l’affinamento in barrique, chi come Terre Sacre lo affina un anno, chi 6 mesi (Tenute di Giulio) chi ne affina solo la metà in botte e la restante parte in acciao (Di Majo). Nella degustazione che abbiamo fatto al rientro, abbiamo deciso di mettere a confronto queste bottiglie, con Sator di Cianfagna, che invece fa affinamento solo in acciaio.
La degustazione è avvenuta confrontando annate diverse, quello che mi interessava capire erano le caratteristiche di questo vitigno che non conoscevo e le evoluzioni che può avere attraverso diversi stili. Terre Sacre è risultato il più “piacione” grazie al legno che lo ha reso molto più morbido e rotondo. La tintilia di Di Majo ancora troppo giovane per essere apprezzata, era il 2010, un tannino troppo tagliente, poco godibile, ma sono stati i vini preferiti da tutti i degustatori al tavolo.
Sator di Cianfagna, era il 2010, è risultato il meno apprezzato dai 6 assaggiatori, meno profumi e meno persistenza, ma un ottimo metro di confronto per capire il vitigno. Infine il vino di Tenute di Giulio, era l’unica riserva 2008 aperta, è risultato una buona via di mezzo tra tutti quanti, ma questo sicuramente dipende anche dalla sua età.
Tintilia è stato uno scoperta affascinate, resta nel bicchiere il calore dei vini del sud del nostro paese, insieme a gradevoli profumi di frutta rossa, più spezie coronano questa miscela a seconda dell’uso del legno. Resta comunque nel complesso un vino ricco e sapido, che non riesce a mantenere gradazioni alcoliche basse, sicuramente una conoscenza da approfondire.
Arrivo al termine di questo lungo post, ma anche di questa settimana che mi ha fatto ripercorrere le tappe della mia estate insieme a voi, concludo quindi, come al solito, con una ricetta.
Dunque mia Zia Sonia, ricordate? Sapete che metà della mia famiglia è abruzzese no? Bè, la Zia Sonia proprio durante la serata conclusiva di queste vacanze ha portato queste polpette, per farcele provare, un piatto casalingo tipico di queste zone Abbruzzo-Molise… Quale occasione migliore quindi per rubargli la ricetta e condividerla? Grazie Zia!
POLPETTE CACIO E UOVA DELLA ZIA SONIA
300 gr di formaggio grattugiato ( pecorino, grana e rigatino)
3 uova
150 gr di mollica di pane raffermo
latte (qualche cucchiaio se serve)
100 gr di pangrattato
pepe
1 litro di passata di pomodoro
(cipolla, peperone e peperoncino se volete aggiungere al sugo)
olio per friggere
Rompere le uova e aggiungere il formaggio grattato fino ad ottenere una consistenza piuttosto densa.
Sbriciolare la mollica del pane e aggiungerla al composto di uova, mescolare bene e regolare la consistenza eventualmente con del latte.
L’impasto deve essere denso tanto da poterlo prelevare per formare le polpette.
Preparare una teglia spolverata di pan grattato e disporre sopra le polpette, dovranno essere grandi come palline da golf, quindi spolverare con altro pangrattato, per ricoprirle bene, rotolarle sopra.
Friggere le polpette in abbondate olio quando questo avrà raggiunto la temperatura di 180°, aggiungere le polpette solo poche per volta, e scolarle su carta assorbente. Non serve che polpette siano stracotte, poi finiranno la cottura nel sugo, l’importante è che siano dorate.
Il sugo può essere preparato a piacimento. Si può partire dalla cipolla, mia zia dice di aggiungere dei peperoni e una volta versata la passata, aggiungere le polpette fritte. Coprire e lasciare cuocere da mezz’ora a un ora a seconda della consistenza che si vuole ottenere. Per questo piatto il sugo non deve essere troppo rappreso meglio se lasciato morbido.
Inutile dire che questo condimento può essere utilizzato anche per condire la pasta.
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