E’ vero, mi era stato detto, che dall’ultimo piano dell’Hassler, l’hotel a Trinità dei Monti, la vista che si ha su Roma è davvero molto bella, ma non pensavo che lo sarebbe stata così tanto al punto da togliere il fiato. Lo sguardo spazia dal Quirinale a San Carlo, passando per le cupole, gli altari, i palazzi illuminati dalle luci notturne, sembrano lì in fila, quasi si possono cogliere tutti i principali monumenti di Roma, con una sola occhiata.
Sedersi al tavolo dell’Imàgo, in effetti, dà la sensazione di sentirsi già sazi, per la tanta bellezza che si ha intorno.
Mentre ancora guardo fuori, il cameriere mi ricorda che è anche ora di guardare il menù e scegliere cosa mangiare (eh si, famo sto sforzo va!). Vediamo se la famosa cucina di Francesco Apreda riuscirà ad ammaliare quando questa vista.
Per cominciare vengono serviti dei piccoli appetizer composti da: una rivisitazione della pasta all’arrabbiata, mini macaron e mini cheesecake salati e frittelle di uova di quaglia.
Il cestino del pane viene portato sopra ad una piccola candela, in modo che durante la cena resta sempre caldo, buoni i grissini e la carta musica speziata.
Non conoscendo affatto la cucina dello chef (se non per qualche evento) decido per il menù degustazione con tutti i suoi piatti più rappresentativi. L’alternativa sarebbe stata quella di scegliere alla carta, in effetti poteva essere un interessante strada, soprattutto perché i piatti del menù erano tutti leggermente diversi da quelli proposti nel degustazione, ma rimango del primo avviso e inizio a studiare la carta dei vini.
Per accompagnare la cena, la scelta è ricaduta su lo champagne Paillard NPU 1999, blend di Chardonny e Pinot nero, che si è rivelato un buon abbinamento con quasi tutti gli antipasti.
“Foie gras e sgombro strinato al miso rosso” è stato il primo piatto servito.
Il gusto dello sgombro, ma prevalentemente della sua glassatura tendente al dolce, avvolge molto il palato, forse il foie gras ne usciva un pochino penalizzato, l’abbinamento tra i due ingredienti resta senz’altro molto particolare, anche se forse non ha finito di convincermi.
Invece da amante dei gamberi crudi, la “Tartare di gobetti, pane olio e cedro”, l’ho apprezzata molto, senza dubbio la grassezza del gambero trova nel gusto di agrume la degna controparte, la sfoglia di pane croccante accompagnava il tutto in maniera impeccabile insieme alla croccantezza del ravanello, che ben si univa al mix di sapori.
Assaggiando poi le “capesante impanate ripiene di mozzarella di bufala e sedano”, mi viene da dire che il principio è lo stesso del piatto precedente, la frittella di pesce e mozzarella ha un gusto molto delicato e con il fritto rimane un boccone che risulterebbe abbastanza piatto se non fosse invece smosso dall’insalatina rinfrescante e dal sedano, vero tocco in più di questo piatto, che termina con un profumo intenso dato dall’aggiunta di una scaglia di tartufo bianco.
A seguire assaggio i primi: “Cappelletti di parmigiano in brodo freddo di tonno, doppio malto e 7 spezie” e
“risotto alla puttanesca, polvere di nori e bergamotto” l’effetto che mi hanno fatto è stato questo: il primo è fatto per stupire, il secondo per confortare. Ha senso averli inseriti così nel menù degustazione.
Nei cappelletti ho trovato un abbinamento che non mi aspettavo e che mi ha davvero sorpreso, il ripieno è saporito di parmigiano e viene valorizzato al brodo di pesce speziato aggiunto freddo al momento del servizio, non l’avrei mai detto leggendolo dal menù, è stato il piatto che, insieme ai gobbetti, ho preferito di più.
A seguire: “Vermicelli di soia al sugo di ricciola e cozze”, questo è un piatto davvero particolare, il sapore di mare si unisce in un sugo molto denso che avvolge totalmente i vermicelli, i quali danno un tocco orientale al piatto e restano ben conditi visto che sono sottilissimi. Devo ammettere che è stata la portata che mi è piaciuta meno dell’intero menù, forse perché di mio, non amo particolarmente questa tipologia di pasta.
Ho scelto il “Petto d’anatra in stile Tandoori, pak choi e pesche al vino” in sostituzione della portata con il merluzzo e lasciato il
“Piccione all’aceto di mele, piselli e prosciutto” previsto nel menù. Per entrambi i secondi c’è da dire che la cottura e la succulenza delle carni, erano fuori dall’ordinario. Ho preferito il piccione, forse un gusto più semplice da capire.
Dopo un predessert, come intermezzo per pulire il palato, il dolce che viene servito è la “Samosa di sfogliatella napoletana, frutta rossa e tè verde” il ripieno di sfogliatella napoletana, molto dolce, ben si abbina al gelato al tè verde senza zucchero, l’acidità dei frutti rossi disidratati e in polvere smuovono il piatto, aggiungendo anche una nota croccante. Un dessert fatto di contrasti interessanti e molto gradevole nel complesso.
La cena si chiude con la piccola pasticceria, insieme alla quale mi è stato portato un piccolo muffin, con il suggerimento di mangiarlo l’indomani a colazione.
Nel complesso sono rimasta colpita dal tipo di cucina di Francesco Apreda, secondo me lo chef riesce a realizzare davvero la cucina fusion (definizione che mi è sempre stata non troppo simpatica, ma devo dire che in questo caso è azzeccata) è un tipo di cucina dove dalle spezie all’utilizzo degli ingredienti si fa davvero il giro intero del mondo. In tutto questo alcuni piatti non hanno incontrato totalmente il mio gusto, ma, come dopo un lungo viaggio quando si toccano alcune località che magari non colpiscono subito, bisogna valutare l’esperienza nel suo complesso e per me resta un viaggio affascinante che ho potuto fare seduta ad un tavolo nel cuore di Roma.
Imàgo
Hotel Hassler,
Piazza Trinità dei Monti, 6
Roma
06 6993 4726