Il Pagliaccio

Il Pagliaccio

Attraversare Via dei Banchi Vecchi per raggiungere “Il Pagliaccio” credo sia parte integrante dell’esperienza che si fa presso questo locale. Via dei Banchi Vecchi al tramonto si illumina di arancione con case che irradiano colori caldi, una di quelle vie di Roma dal fascino inequivocabile, ma non modaiolo o della bella vita. Una strada di Roma autentica, dove vecchie botteghe si affiancano a vinerie storiche (leggi il Goccetto) i marciapiedi sono stretti e i sampietrini sono lì a ricordarti che non potresti essere in altro posto se non a Roma.

Il Pagliacco è un locale dall’eleganza sobria, dall’arredamento curato ma non sfavillante, un fascino che trova nel dettaglio la differenza e non nello stupire ad ogni costo.
La prima parola che mi viene in mente per definire questo ristorante è: diverso.
Si, diverso perché Antony Genovese, è così, non esce a fine servizio per prendere i complimenti della clientela. Diverso, perché le contaminazioni tra la cucina italiana e quella del resto del mondo sono evidenti nella scelta anche del servizio in tavola.
Diverso perché la cucina che si fa qui è un altra cosa, rispetto a quello che ho provato sin ora.

Sono 10 anni che il Pagliaccio ha aperto e proprio durante questa primavera si sono tenuti vari eventi per festeggiarlo, negli anni ha ottenuto due stelle Michelin e molti altri riconoscimenti. Con grandi aspettative mi sono seduta al loro tavolo, e con sospetto probabilmente, ho studiato i primi assaggi che ci hanno portato. La madeleine salata con la bottarga, servita sul cubo di legno (nella prima foto) non sapevo se fosse una trovata per stupire o cosa? Un vezzo dello chef? Il punto di partenza dove voleva scrivere start?
Non lo so, ma ho smesso di farmi domande inutili quando sono arrivati gli altri piatti, ogni “sospetto” è quindi sparito per lasciare lo spazio a tante emozioni diverse.
Scegliamo il menù degustazione da 8 portate e apriamo le danze.

Dei primi antipasti assaggiati,è stato, a sorprendermi, il contrasto dato da questi inserti freddi, ad esempio la granita di lychees nel piatto:
Ostrica, burrata, granita di lychees l’ho subito trovato incredibile, si abbinava perfettamente con tutti gli elementi del piatto: l’ostrica e la burrata che avvolgeva il tutto in una morbida spuma. Consistenze? Almeno 4 diverse in un solo piatto. Se ancora con i questi assaggi non fossi rimasta pienamente soddisfatta a confortarmi sono arrivati i primi piatti.

Sicuramente portate che, come dire, ho sentito più vicine a me come genere, più calde e dal gusto rassicurante, seppure sempre sorprendenti.
Spaghetti calamari e prosciutto, spuma di ricci di mare, la spuma di ricci era un concentrato di sapore unico e per di più era fredda in contrasto con il resto del piatto caldo. Abbinati perfettamente dal Sommelier Matteo Zappile con una cosa che non mi sarei aspettata, una birra, la Menabrea rossa che porta note tostate di caffè e liquizia.
Il piatto meglio abbinato della serata a mio parere. Tant’è che mi ha fatto venire in mente un altro piatto geniale di Cristina Bowerman, dove il principio era lo stesso (ricci di mare e polvere di caffè).

Invece i Fagottini burro e acciughe, acqua di fave sono sicuramente una gusto più “semplice” se così si può dire, ma di un incredibile gusto. Il ripieno saporito dei fagottini si sposa con le fave e la freschezza della loro acqua. Quando si masticano in bocca si crea un tutt’uno tra il legume e l’acciuga saporita. Un connubio che mi sono ripromessa di mettere in atto presto sotto altra veste.

Un piatto di pesce e un piatto di carne sono stati i secondi che ho assaggiato, anche se ammetto che ormai cominciavo ad essere abbastanza sazia.
Il Rombo, emulsione d’anans, alghe e spinaci in cui si giocava sul gusto acidulo dell’ananas da abbinare ad un pesce carnoso e saporito, la parte croccante è data sia dalla pelle del pesce sia dall’alga kombu, ogni boccone regala sapori diverisi mixando tutti gli ingredienti del piatto.
Assaggiato il Maiale, carote, noce di pecan, crema di tofu e caffè, mi viene solo da dire, peccato che dalla foto non si possa capire appieno la cottura perfetta del maiale con la sua crosticina croccante, anche in questo caso piatto ben calibrato, gustoso e succoso.

“Snack di formaggio…” è un piccolo intramezzo che viene servito prima del predessert, per arrivare al “dulcis in fundo”.
La pasticceria è curata da Marion Lichtle e questo dolce era memorabile: Pera caramellata, gelato di miele e zenzero, Porto ghiacciato e bacche di ginepro.
Coccola finale la piccola pasticceria, tra tutti quei bocconcini ho adorato soprattutto i cioccolatini con burro di noccioline, anche questi fatti dalla pasticcera.

Una cena di quelle che non si scordano e sul fatto che non tutti sono concordi nel trovare il Pagliaccio un posto da consigliare, ammetto che alcuni piatti sono davvero particolari e capisco che non possano incontrare il gusto di tutti, ma forse quello dei più appassionati si.

Prezzo menù degustazione (8 portate) 130 euro escluso vini, con bevande in abbinamento sono altri 70. L’abbinamento viene fatto non solo con vino, ma anche con cocktail, birra e tè caldo.

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