L’appuntamento biennale immancabile per me da ormai qualche tempo è il Salone del Gusto. Mi piace sempre andarci, anche se incastrare tutte le congiunture astrali e gli impegni di questi ultimi periodi non è stato facile. Più passano gli anni più tutto sembra complicato e perciò, quest’anno concedersi un weekend al Salone è stato, ancora più desiderato, trasformando questo evento nel mio auto-regalo di compleanno.
Ma iniziamo a parlare di queste giornate torinesi, anzitutto il nome, non è più “Salone del Gusto” ma “Terra Madre Salone del Gusto” e questa volta l’organizzazione è stata proprio diversa dalle precedenti edizioni, si abbandona il Lingotto in favore del Parco del Valentino e del centro città.
Complice il weekend di bel tempo è stato proprio piacevole girare per Torino incontrando qui e là stand, eventi e curiosando tra le numerose attività che nonostante i tre giorni dedicati non è stato possibile vedere e far tutto.
Un pochino più complicato degli altri anni riuscire ad orientarsi tra regioni e paesi che erano sparsi e divisi tra piazze centrali di Torino e parco, ma alla fine non erano poi così distanti i vari punti di interesse, il tutto era facilmente raggiungibile a piedi. L’affluenza era sicuramente molta ma dentro al parco era comunque possibile allontanarsi dalla calca e riposare sulle panchine o sul prato qualche minuto.
Come sempre all’appello erano presenti tutti i prodotti presidio Slow food (e non) e mi stupisco di come ogni volta ci siano alcuni che scopro di non conoscere affatto.
Come le susine bianche di Monreale nel loro particolare incarto per conservarle così fino a Natale.
Il pomodoro regina di Torre Canne, perché non esiste solo il “Piennolo”, anche questo pomodoro viene legato con cordicelle di cotone, anch’esso coltivato nei medesimi campi, e conservato a lungo in cantina.
Oppure un altro esempio, la patata turchesa, bellissima nelle sue mille sfumature di viola, ho voluto citarla non perché nuova scoperta ma perché rimango sempre sorpresa di quante meraviglie offre dell’Abruzzo.
E’ stato il salone dove per la prima volta ho visto in commercio gli insetti essiccati. Questi ragazzi vendono biscotti realizzati con farina di grilli (al 20%) oppure grilli interi o anche altri tipi di vermi, quelli bianchi sono vermi della farina, mi spiegano.
I grilli sono molto proteici e hanno pochissimi grassi. Nutrizionalmente sono un ottimo alimento. E’ stato interessante parlare con loro, importano questi alimenti dall’Inghilterra attualmente.
Seppure in un contesto abbastanza caotico, al parco del Valentino ho avuto modo di incontrare alcuni produttori del consorzio del pecorino amatriciano e monti della Laga, un acquisto per aiutare le popolazioni colpite dal sisma e dare una mano alle aziende che se la stanno passando peggio, portando a casa senz’altro un buon prodotto, un formaggio di montagna le cui origini sono quelle dell’antica transumanza.
Terra Madre, la parte del salone dedicata ai presidi Slow food non italiani rimane comunque la parte più interessante e valida, a mio parere. Qui si concentra un numero di prodotti nuovi da scoprire davvero elevatissimo, purtroppo non posso raccontarli tutti uno per uno, ma di alcuni di questi prometto che approfondirò in seguito con dei post dedicati. Senz’altro non posso non citare i famosi affinatori di formaggi di Bath, Mary Holbrook è Irlandese e ha una pluralità di formaggi a latte crudo che cura e vende, ovviamente immancabile è lo Stilton ma sono tutti molto interessanti.
Passando per la Norvegia invece, ci si imbatte con un gruppo di ricercatori che ha studiato la Old Norse Sheep e un sistema sostenibile di allevamento di questa pecora in riva al mare, che tutela la biodiversità e il paesaggio costiero norvegese e proprio per il suo particolare ambiente di allevamento, questi animali, hanno una carne dal sapore molto particolare, la carne è naturalmente più sapida. La storia è molto bella se si ha voglia di leggerla.
Un’ultima scoperta è un olio di cui non avevo mai sentito parlare è l’olio di camelina, dal suo seme si ricava un grande quantitativo di olio per questo ha iniziato a diffondersi sia per l’uso alimentare sia per l’uso cosmetico (in primis per il biodisel addirittura). I semi della camelia sativa ricordano quelli del sesamo, ed è stato curioso al Salone vedere come viene estratto e sentire il suo profumo attraverso una semplice macchinetta da estrazione.
Il mio Salone del Gusto non è stato solo girare per gli stand, ma anche approfittare per scoprire qualche bel posto a Torino. Come per esempio, una sosta veloce per un caffè e un tramezzino al caffè Mulassano dove pare che il mitico pane farcito sia nato nel 1926. Fermarsi a guardare poi, le meravigliose gallerie e lo stile “imperiale” di questi bar è d’obbligo, molti sembrano davvero essere usciti da film di altri tempi.
La via della perdizione della gastronomia Piemontese con i suoi piatti tipici tra tajarin e ravioli del pin ha avuto la meglio sugli assaggi del Salone, quando per onorare la tradizione, ci siamo diretti da Plin&Tajarin la scelta di primi, tutti preparati in casa in questo minuscolo locale è davvero ampia. Se si ha voglia di strafare però, ci sono i plin o gli agnolotti “Cavour” una pasta all’uovo con 60 tuorli, ripieno di due arrosti (vitello e suino), salame cotto verdure e parmigiano. I condimenti variano dal semplice burro e salvia, alla carne al barolo, alla salsiccia di Bra. Un posticino dove non si spende molto, ma la soddisfazione è assicurata.
In fondo mi sono riservata di parlare dell’esperienza più “dulcis”. La cena da Magorabin alcuni qui a Torino lo chiamano semplicemente “mago”, lo chef è Marcello Trentini e la sua cucina non può lasciare indifferenti. Il menù che io ho scelto in questa occasione è stato il menù “Terra”, volevo concentrarmi sulla cucina piemontese e questo è il percorso in cui lo chef rivisita i classici della tradizione. Mi è rimasto comunque il dubbio di non aver fatto un esperienza che valorizzasse a pieno la creatività dello chef, forse in questo contesto avrei potuto orientarmi su un percorso più strutturato, ma anche il mio stomaco (ebbene si!) ha dei limiti.
Si parte da un coloratissimo aperitivo fatto di pasta soffiata con condimento all’amatriciana e al pesto, passando per altri numerosi finger food con prodotti del territorio, affrontando quindi il vitello tonnato “il vitello e il tonno” (foto qui sopra in alto a sinistra) e passando per gli ottimi ravioli “Ravioli di cipolle con crema di Grana Padano” e l’indimenticabile guancia, purea di sedano rapa e funghi.
Il dessert infine tutto dedicato alle Langhe, una torta Operà con tanta gianduia e l’immancabile piccola pasticceria anche questa di ispirazione piemontese.
In abbinamento: Champagne Bonnet Gilmert e Barbaresco cantina bruciato.
E’ stato un weekend densissimo di assaggi e esperienze legate all’enogastronomia, all’insegna del Piemonte in primis, ma di tutto il resto del mondo poi.
Sono tornata a casa, oltre che con una valigia di costine buone di cui non vedo l’ora di raccontare, ma anche molto arricchita da un esperienza che mi ha fatto scoprire nuove realtà. Scambiare 4 chiacchiere con chi vive della produzione degli alimenti che consumiamo quotidianamente senza nemmeno riflettere in merito al lavoro che lì dietro si nasconde, a volte è illuminante. E’ un percorso che mi ripropongo di fare più spesso per diventare sempre più consapevole in merito a ciò che acquisto.
[…] hai trovato l’anguilla a Roma?” vi rispondo subito, a Roma, non saprei, la mia viene da qui. Ho avuto modo di parlare con i produttori e capire quanto è difficile e lungo produrre queste […]