Le giornate sono volate, la lista dei post che avrei voluto scrivere si sono moltiplicati eppure mi sono ripromessa in questa settimana di voler portare a termine il racconto di un weekend che merita davvero di essere raccontato a voi, che come me, siete appassionati di enogastronomia.
Parliamo della Tuscia e della zona di Viterbo.
Posti incantevoli della campagna del Lazio che soffrono solo il fatto della vicinanza alla città più bella del mondo, Roma, per questo i dintorni del Lazio passano in secondo piano perché Roma li precede come fama, ma avendo tempo e voglia visitare tutte queste località meritano davvero.
Sono rimasta affascinata dalla zona di Viterbo che già conoscevo in effetti, ma che ogni volta che ci torno mi fa rimanere di più a bocca aperta per le incredibili scoperte che faccio.
Ecco, in queste zone, tra le dolci colline dove si produce l’Est!Est!Est!, quindi intorno a Montefiascone, voi lo sapevate che c’è un allevamento di bufale? con relativa produzione di mozzarelle e formaggi a pasta filata?
Ebbene, vi segnalo subito questo caseificio, Luisa, da annotare perché a ciclo chiuso, ovvero il cibo che viene somministrato alle bufale viene direttamente prodotto nei terreni nell’azienda, con qualche integrazione.
In questo periodo erano da poco avvenuti i parti e c’erano anche in giro dei piccoli bufali, adorabili.
Le mozzarelle di media pezzatura sono mozzate a mano, solo i piccoli bocconcini sono fatti a macchina. Ho assaggiato questi, lo yogurt (che non ho trovato eccezionale) e la ricotta, buonissima invece.
Sempre in zona, non potrei non segnalare un altro interessante caseificio, anche se la visita non è stata possibile, ma Monte jugo, a 5 km da Viterbo, con il suo allevamento di circa cinquecento capre razza Saanen a mio parere non può essere non citato. Tra i prodotti che più mi piacciono c’è lo stracchinato di capra e la loro “ciambella”.
In questa zona sono due interessanti salumifici da tenere a mente per la visita e per gli acquisti, uno è Stefanoni, nome noto della susianella viterbese (se non conoscete questo salume qui) e l’altro invece, che ho visitato io è Coccia, nota per la produzione del salame cotto e del guanciale arrotolato (guancia mia) a mio parere uno degli insaccati migliori che fa.
Se si trascorre del tempo in queste zone, si può approfittare di una bella passeggiata a Civita di Bagnoregio, soprannominata “la città che muore”, arroccata su una rocca tra i calanchi. Oppure le terme di zona, quelle dei Papi e quelle di Bagnaccio. C’è solo l’imbarazzo della scelta su cosa visitare, senza ovviamente prescindere da una bella passeggiata per il centro di Viterbo città ricca di storia e di grande bellezza.
Alla ricerca poi, della cucina di territorio sono tornata da Danilo Ciavattini, che dopo Villa Laetitia è adesso di nuovo a Viterbo, nel suo territorio proprio in centro, con un locale che porta il suo nome. La cucina di Ciavattini nella sua zona a mio parere è anche migliore di quella che ho trovato a Villa Laetitia, non è solo la materia prima del territorio, ma credo che proprio lo chef si esprima meglio, diciamo “a casa sua”.
In carta sono disponibili 2 menù degustazione, uno chiamato “tradizione” in cui lo chef propone una rivisitazione di alcuni piatti tipici proprio di Viterbo come l’acquacotta e le animelle, il prezzo è davvero accessibile a tutti, sta a 35 euro. Un’altro menù invece che chiama “dalle radici ai rami” un percorso più personale dello chef, con suoi piatti molto più particolari e sta a 65 €. La carta dei vini invece richiederebbe di essere un pochino ampliata. Alla fine scegliamo per accompagnare la prima parte del menù un Fiano di Guido Marsella e un a seguire un Montepulciano d’Abruzzo Spelt “La Valentina”.
Noi scegliamo di assaggiare alcuni piatti alla carta, senza menù degustazione. Iniziamo quindi con l’amuse bouche, viene servita come finger food la cornucopia ripiena di susianella di Viterbo ricotta e foglia di maggiorana.
A centro tavola, con il pane fatto in casa (cipolla e grano duro), vengono serviti dei riccioli di olio solidificato a ricordare il burro in stile francese, da spalmare sul pane. La varietà di extravergine utilizzato è canino in purezza, cooperativa di Blera.
Arriviamo quindi ad assaggiare gli antipasti io avevo scelto la “patata interrata”, alla base del piatto che si presenta dai toni scuri, una zuppa di funghi e tartufo, al centro, la patata viterbese IGP che poi viene ricoperta da “terriccio”, realizzato con la stessa pasta delle cornucopie. Condita con delle erbe aromatiche per riproporla nelle sembianze così com’è al momento dell’estrazione dal terreno. Questo piatto, povero all’apparenza ma di grandissimo gusto poi all’assaggio, è un omaggio dello chef alla raccolta delle patate locali.
Meno semplice della patata e più ricercata anche nella presentazione è la terrina di fagiano caramellizzata con un salsa di asparagi e polvere di rapa rossa. Molto piacevole e ben equilibrata nei gusti.
Un altro omaggio al territorio di Viterbo è la rivisitazione del piatto di “acqua cotta alla viterbese” la zuppa viene servita con un brodo di pane bruciato e un uovo coagulato, quindi cotto al vapore a 67°C per mantenere una texture morbida e cremosa. Immancabili le erbe aromatiche, sempre dal profumo mediterraneo, che vanno ad impreziosire ogni proposta dello chef.
Buonissimi entrambi i primi piatti: gli agnolotti ripieni di salame cotto Stefanoni insaporiti con il suo fondo di cottura, la parte croccante era data dai chiodini bruciati e a completare il piatto gocce di lenticchie di Onano. Ma la vera sorpresa della serata a mio parere è stato lo spaghetto con acqua di polpo e tartufo, un piatto eccezionale, forse uno dei migliori serviti. Talmente buoni che qualcuno dopo il secondo ha deciso di rifare il bis. 🙂
I secondi piatti invece sono:
“Ricordo di una lepre in salmì”, dove oltre alla carne ben cotta, la salsa che la accompagna rievoca il gusto del condimento classico della cucina italiana, ed è servita insieme a degli scalogni cotti a bassa gradazione e accompagnato a pezzettini di foie gras e del tartufo della tartuferia di Viterbo.
Per rimanere invece nella cucina locale della città, il secondo piatto in omaggio a Viterbo sono le animelle di vitella rese croccanti dal pane fatto in padella, sono servite insieme ad una spuma di patate leggermente affumicata e delle gocce di “scafada” che è a base di: fave, patate, carciofi e cacchietti d’aglio.
Presentato benissimo il piccione scottato in padella e servito con le lenticchie di Onano, uno splendido abbinamento a mio parere. Anche qui il piccone è accompagnato da una salsa foie gras e tartufo nero della tartuferia di Viterbo.
Ci avviciniamo alla chiusura con il servizio del predessert: un omaggio al “pane e pomodoro”, composta di pomodoro con vaniglia Bourbon e anice stellato, cardamomo e un filo d’olio di canino, Colli etruschi.
Frutta di stagione e gelato alla vaniglia Borboun e la Chibouste alle nocciole di Luca di Piero e gelato al cacao. Chiudono in bellezza la cena.
Un full immesion nel territorio, scoperta di nuovi sapori per un weekend troppo breve per approfondire di più la conoscenza di tutto questa bellissima zona. Esperienza fa ripetere quanto prima magari organizzando anche un giorno al lago di Bolsena, non si parlava di picnic al lago su IG la scorsa domenica?
Danilo Ciavattini Ristorante
Via delle Fabbriche, 20-22, 01100 Viterbo VT
Prenotazioni: danilociavattini.com
Telefono: 0761 333767
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