Riorganizzare le idee dopo tutte le cose viste, assaggiate e sperimentate in Calabria, non è stato facile. Come quando si rientra a lavoro il primo giorno, così per il blog dopo quasi un mese, si è un po’ spaesati, e quasi sembra difficile tornare a tramutare in parole, il quotidiano vissuto.
La Calabria, una vacanza diversa dal mio “solito”, perchè sono sempre stata nel partito del viaggio itinerante, per vedere il più possibile, girare il più possibile. Ma per amore (o per forza?!:) quest’anno, vacanza stanziale: casa, mare, cucina calabrese (fatta da veri calabresi) e via dicendo.
Con questa premessa però penserete ad una vacanza totalmente stanziale, ma davvero pensate che io riesca a stare ferma tanto tempo su una spiaggia a rilassarmi troppo?! No, ci mancherebbe. Allora via sulle strade impervie dell’Aspromonte, su e giù sulla statale 106 per gustarmi scorci e profumi nuovi e inesplorati. In questo senso al Calabria è stata una vera scoperta.
Se c’è una parola che può riassumere questo viaggio è senz’altro: varietà. Ma quanto può essere diversa questa regione? E quante realtà convivono e si respirano tra Cosenza e Reggio? Cambiano i paesaggi, la lingua e anche la cucina, tradizioni e costumi diversi da paese a paese.
Sono stata nella zona della Locride, sullo Ionio. In queste prime foto, scattate al mercato di Gioiosa Jonica, ho cercato di catturare i colori dei prodotti della terra,un mercato fatto davvero da piccoli contadini e piccoli artigiani che portano i prodotti che fanno loro. Direte voi: “E che novità è?” Bè, qui ogni famiglia produce il suo formaggio e il suo salame, il tutto credo sia abbastanza fuori da ogni tipo di normativa europea su etichettatura, norme igieniche e modalità di distribuzione, stiamo parlando del vero e autentico prodotto casareccio insomma. Ma è così che si scoprono delle vere chicche irripetibili in grado di regalare tante emozioni.
Ora, la maggior parte dei paesi in Calabria sono nati prima sulle colline-montagne e solo in epoca più moderna di ogni paese si è sviluppata la parte sulla costa. Anticamente, le coste erano un posto pericoloso per via dei continui attacchi che arrivavano dal mare, per questo, non dico una novità, quando dico che la maggior parte dei piatti che caratterizza la cucina calabrese sono piatti che privilegiano i prodotti di montagna. La capra, ad esempio, è diffusissima e viene cucinata con il sugo per ammorbidirla, con questo sugo spesso si condiscono i filei, pasta fatta in casa, dalla forma allungata che resta spessa e callosa. I funghi, i salumi e i formaggi conservati con l’ausilio del peperoncino, poco hanno a che fare con la cucina di mare, ovviamente. Un ultimo esempio viene proprio dallo Stocco, cucinato in tutta la regione (ma il più famoso è quello di Mammola), unico pesce presente nei piatti nella cucina tradizionale, ma che ovviamente non è fresco ma essiccato.
In estate sono diffusissime sagre e feste di Santi in tutti i paesini, e la statale 106 in queste occasioni diventa un vero inferno… Provate ad andare a Bianco la notte dei fuochi d’artificio (15 agosto) e mettetevi l’anima in pace che avete tempo per passeggiare fino alle 3 di notte, perché prima, anche volendo salire in macchina, non c’è verso di muoversi. In queste occasioni i paesi si riempiono di bancarelle che vendono i classici dolci nostrani: noccioline caramellate, croccanti e caramelle… Ma c’è qualcosa che io non avevo mai visto, loro li chiamano mostaccioli, ma sono ben diversi da quelli romani sono dei biscotti che hanno le forme più disparate principalmente di animali, pesci o donne (ci sono nella foto). Altri biscotti diffusi, che creano assolutamente dipendenza sono: le susumelle, che potrebbero avere nomi diversi in altre località, ma son assolutamente deliziosi, biscotti secchi con l’uvetta che hanno copertura al cioccolato oppure bianca. Giuro che questi li devo rifare… “Ricetta cercansi! Dico a voi mie care calabriselle“.
Ancora, fantastici da sgranocchiare sono i ceci tostati (nella foto sopra)… Io non li avevo mai mangiati prima, qui vengono chiamati “Caglia” e sono uno snack davvero appetitoso.
Si trovano invece in Aspromonte e in particolare a Serra San Bruno, dei biscotti lunghi e rettangolari dal nome “n’zulli” sono fatti con le mandorle e non li ho più visti altrove, a conferma di quello che vi dicevo all’inzio, ogni paesino e ogni zona ha davvero la sua peculiarità culinaria, che poi non esce da lì.
Vorrei raccontarvi tante cose dell’Aspromonte, due giorni di gita in gip per queste strade battute da pochissime persone, impervie, ma anche fresche e godibili. Cime in cui si toccano quasi i 2000 metri con santuari scavati nella roccia, insieme a monasteri bizzantini incredibili… Ma non posso dilungarmi troppo.
…E poi mare, mare, mare prevalentemente Ionio, con una capatina sua Tirreno a Capo Vaticano, poi Isola di Capo Rizzuto, Le spiagge vicino Soverato e infine una sosta sapida a Cirò per vedere la cantina di Librandi. Il tempo a mia disposizione per le ferie è davvero volato in un attimo e mi rimangono le molte foto e i ricordi.
Un ultima considerazione finale al ritorno da questi posti meravigliosi, tornando a casa dopo 10 ore di viaggio dovute al traffico e ai lavori sulla Salerno-Reggio. Una regione con queste potenzialità e meraviglie, può davvero essere abbandonata così a se stessa ed essere così poco valorizzata? Come possiamo consentire questo? E possibile che davvero non ci sia nessun modo per uscirne?
CALAMARATA CON SPADA, PACHINO E ‘NDUJA
200 gr di calamarata
150 gr di pesce spada
200 gr di pomodori pachino
1 cucchiaio di ‘nduja di Spilinga
olio evo
Cipolla di Tropea
origano
sale
Tagliare i pachino a metà, disporli su una teglia con olio sale e origano. Infornarli per 1 ora circa a 110°.
Cuocere la pasta in acqua salata.
In una padella tagliare la cipolla e farla cuocere in olio, aggiungendo via via acqua per renderla morbida. Aggiungere il pesce tagliato a dadini e appena la pasta è 3/4 della cottura aggiungerla in padella con i pachino infornati e un cucchiaio abbondante di ‘nduja, saltare e aggiungere un paio di cucchiai di acqua di cottura se necessario.