Lo vedete immortalato in foto il Nostrano Valtrompia D.o.p., di fondovalle, è importante specificalo perché è ben diverso da quello di alpeggio, infatti viene anche definito “invernale”.
Questo formaggio è una delle eccellenze del nostro paese, per produrlo bisogna rispettare un disciplinare rigido, che norma ogni dettaglio, dalla zona di produzione: tutto il territorio della Comunità Montana di Valle Trompia (Brescia), all’alimentazione del bestiame. Le vacche di razza bruna, utilizzate per la produzione che devono essere nutrite a foraggio del territorio stesso, piccole integrazioni vegetali, esclusi gli insilati, che invece vengono usati per la gran parte delle Dop non al pascolo.
Il Nostrano Valtrompia è un formaggio semigrasso vaccino, che si produce a partire da latte crudo con una piccola aggiunta di zafferano in caldaia. E’ prodotto tutto l’anno ma questo usato nella ricetta è quello prodotto quando le mucche sono in stalla in inverno quindi è meno aromatico di quello d’alpeggio, ma non mancano i profumi di fiori ed erba, con un più marcato sentore di latte.
Il Nostrano Valtrompia invernale necessita di un periodo di affinamento, da minimo 8 mesi per le forme da 8 a 10 kg, e minimo 12 mesi per le altre, come altri formaggi prodotti in questa zona, dalla fomagella al Bagoss ad esempio, ad occuparsene, c’è Silvio Zanini, Formaggi TreValli, di cui già vi avevo accennato, lui fa il lavoro di affinatore per molti prodotti delle montagne bresciane che vanno preservati.
METODO DI PRODUZIONE:
Il processo produttivo si avvicina a quello dei fomaggi tipo “grana”.
– Dopo la mungitura della mattina il latte ancora caldo viene messo in una caldaia di rame, vicino al fuoco (ma non sul fuoco), a circa 38° C.
– Intanto, il latte della sera precedente posto in vasche di decantazione, avrà formato una superficie “pannosa” che, con una sorta di grande schiumarola, viene tolta e utilizzata per produrre il burro.
– Quindi, il latte scremato della sera viene aggiunto in caldaia, con lo zafferano, mescolato bene, e poi spostato sul fuoco, portato quindi alla temperatura di 50°C circa.
Segue la caseificazione, la cagliata viene rotta fino a raggiungere la dimensione di un chicco di riso. I tempi, le temperature per la rottura della cagliata sono rigorosi, come da disciplinare.
– Il formaggio viene estratto con tela, messo in fascere, rivoltato e salato a secco. Le forme vengono quindi lasciate maturare e oliate periodicamente.
LA SCHEDA TECNICA:
(tratto da Quale fomaggio)
Forma: cilindrica, con scalzo quasi dritto e facce piane; il diametro è compreso tra i 30 e i 45 cm e lâaltezza dello scalzo varia da 8 a 12 cm.
Peso: compreso tra gli 8 ed i 18 kg , in dipendenza dalla disponibilità del latte e dagli usi particolari di ogni produttore, anche in funzione della durata del periodo di maturazione.
Crosta: dura, con colorazioni variabili dal giallo bruno al rossastro, in funzione della frequenza dellâoliatura effettuata con olio di lino.
Pasta: è dura, non particolarmente granulosa e può presentare occhiatura medio-fine omogeneamente distribuita; colore giallo paglierino, con tendenza al giallo verde, in funzione del tenore in grasso e dellâaggiunta più o meno abbondante di zafferano e del periodo di produzione (pascolo o fieno).
Contenuto in grasso: nel formaggio maturo, il grasso (sulla sostanza secca) oscilla generalmente tra il 33 e il 37%.
Sapore: caratteristico dei formaggi di monte; dolce, delicato nei formaggi giovani; robusto, tendente al grana, a volte con retrogusto moderatamente amaro o piccante nei formaggi a maturazione avanzata.
Utilizzo: da tavola (se fresco) o da grattugia (se stagionato).
Per concludere vi lascio alla ricetta che utilizza, oltre a questo formaggio particolarissimo anche un broccolo, che lo è altrettanto il fiolaro di Creazzo, come sempre la ricetta su Quale formaggio.
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