Come posso parlare di Bros’ senza una doverosa premessa sulla bellissima città in cui questo locale sorge, Lecce. Un gioiellino della Puglia, tanto bella, quanto scomoda da raggiungere. Arrivo in aeroporto a Brindisi e la sorte ha voluto che il pullman fosse appena partito. Resto in attesa del successivo per un’ora e dopo un’altra ora raggiungo Lecce. Altra vasca a piedi per raggiungere il centro città, sembrava di non arrivare mai. Ma ecco, oltrepassate le mura, passando per le bellissime porte, il circondario perde importanza lasciando il posto a chiese barocche, rovine romane, palazzi signorili che si alternano con armonia nei colori chiari e radiosi della pietra leccese illuminata di sole.
Le foto purtroppo non rendono giustizia, alla bellezza di Lecce in primavera e alla bellezza di Lecce illuminata per la sera.
Durante una vacanza estiva salentina ero già stata in questa città in occasione della festa di Sant’Oronzo e mi fece un effetto totalmente diverso quando era invasa dalle luminarie ed era tutta piena di gente. Vederla così, in un weekend relativamente tranquillo mi ha consenti di apprezzarla di più, di perdermi nel labirintico centro e di concedermi qualche visita culturale.
Meravigliosa piazza del Duomo, il Castello, i vari Monasteri e Conventi tutti del 500 o del 600, anche se il centro è piccolino e si può girare a piedi in una giornata volendo, poi in realtà per visitare accuratamente tutti i palazzi sarebbe necessario spenderci diverse giornate, tempo che purtroppo è sempre limitato e abbiamo dovuto selezionare.
Ovviamente il lato gastronomico non si può di certo trascurare e dopo un’attenta selezione (già ad un mese dalla partenza) tra tutti, avevo scelto Bros’.
Bros’ si trova a due passi da piazza Sant’Oronzo, l’arredo è moderno e abbastanza minimale, pochi fronzoli fuori e pochi all’interno, pietra nuda alle pareti e tipico soffitto a volte.
Le luci sono concentrate al centro dei tavoli, per il resto l’ambiente è scuro.
Ho consultato il menù, i piatti sono classificati in un elenco di 3 o 4 ingredienti principali, difficile immaginarne la forma ma a colpo d’occhio almeno si riescono a comprendere gli ingredienti principali.
Optiamo per il menù degustazione da 5 portate, costo 65 euro, l’alternativa era quello da 15 portate a 120, sono stata fortunata perché poi nel corso cena mi sono stati portati 2 tra i piatti che avrei comunque preso alla carta.
La lista dei vini propone un’interessante selezione anche con ricarichi assolutamente onesti. Optiamo per una champagne Marguet Shaman 13.
Subito viene servito il benvenuto dello chef che si compone di:
Olive e vermuth rosso
bignè con erborinato di Vito Dicecca e rucola
Spaghetti di patate e fegatini
Il bignè secondo me era perfetto nel mix degli ingredienti, fresco e saporito avvolto nella pasta croccante.
Il pane, servito caldo, viene accompagnato con olio di Cortina gelato e lardo affumicato con gel di amarena. Il lardo, aveva il giusto punto di fumo, che si svela al palato solo nel’evoluzione gustativa del boccone.
Il primo piatto servito è cipolla, amarena, perle di tapioca, caviale di aceto e fiori di stagione, si rimane sorpresi davanti a tanta semplicità di ingredienti che riesce a tramutarsi in tale evoluzione di sapore. La componente agrodolce dell’aceto e della cipolla, la componente dolce dell’amarena, il profumo di fiori creano un connubio che rende il piatto fresco e che scatena l’appetito.
Le fettucce, latticello rancido e spomodoro si compongono di pasta di semola porosa e carnosa condita con spuma e salsa: il latticello rinfresca e lo (s)pomodoro è un concentrato di sapore che spazia oltre il gusto del frutto rosso che ci si aspetta, si percepisce il peperone, un leggero tostato/affumicato, gusti che si inseguono alternandosi ad ogni boccone.
Seguono i cannolicchi, mandorla, cedro, salsa affumicata al bbq e i fagioli all’occhio, brodo dashi, essenza di salvia. I cannolicchi, uniscono, in ogni cucchiaiata varie componenti diverse che non ci si aspetta. La salsa è tendenzialmente dolce, i cannolicchi sanno di mare e il cedro amaro serve a dare forza e verve al tutto, sul finale il leggero sentore di fumo riesce a richiamare quell’idea di pesce alla griglia. Sicuramente è un insieme di sapori lontano da quello che ci si potrebbe aspettare da un piatto di cannolicchi, che forse perdono la loro vera identità, ma la combinazione dei gusti, anche qui, non può lasciare indifferenti.
I fagioli all’occhio, nella loro semplicità sono sorprendenti, il brodo e l’essenza li trasformano totalmente, rendendoli saporiti e con un gusto di umami così intenso che ci si può meravigliare di come un piatto di fagioli, seppur buoni, riescano ad essere così esaltati nel gusto.
I panini al vapore fritti ricordano la pasta di una bomba non farcita, anche questi serviti caldi con i secondi piatti sono davvero gradevoli.
Un drink all’aloe vera, lime e franciacorta ci pulisce il palato e ci traghetta verso un ultimo piatto, di carne questa volta. L’animella sponzale e liquirizia per me è stato il piatto della serata, la carne viene accompagnata da con un piccolo pancake di patata dolce locale, servito a parte, poi a tavola viene ultimata la composizione aggiungendo, a l’animella, l’estratto di manzo. La liquirizia in polvere incontrata il gusto intenso dell’estratto dando una sferzata intensa di gusto, la bocca si rinfresca grazie alla presenza dell’alchechengi acidulo che esalta le note di liquirizia, e l’animella è senz’altro protagonista.
Il multivitaminico Bros’ con brodo caldo di zenzero e cannella ti fa sorridere, prima di tutto per la gestualità, che sta nel fatto di inforcare il cucchiaio e affondarlo in una ciotola dove si vedono letterine di gelatina galleggiati, come fosse il rito del latte e cereali a colazione. Le gelatine della mia ciotola compongono parola “FUCK”, nell’altro piatto le lettere di “BROS” mi sono fatta una risata perché la giudico un’idea divertente, tuttavia il mio commensale non era dello stesso parere, anzi si è trovato abbastanza contrariato.
Mi piace quando un piatto fa discutere e ho modo di confrontarmi con un parere diverso dal mio, sono quelle cose che difficilmente poi si dimenticano.
Per dessert: soufflé all’amarena gelato al mascarpone morbido dolcetto servito in ciotola rovente perché rimanga bello alto al momento del servizio, con cuore di frutta e gelato rinfrescante al formaggio. Noto che l’amarena nel menù è stata più volte riproposta sia nei piatti salati che nel dolce, valorizzando un ingrediente di stagione e soprattutto del territorio.
Si chiude l’esperienza da Bros’ con la piccola pasticceria:
mashmallow fava tonka e mango,
cioccolato soffiato al peperoncino,
gelatina di ribes nero
Gradevoli e ben presentati.
La serata da Bros’ la definirei tremendamente divertente, sembra un’officina dove si gioca con il gusto, si vede la voglia di stupire di Floriano Pellegrino, ci si diverte nelle combinazioni di sapori che non ti aspetteresti di provare, ma c’è rispetto per la materia prima.
L’ultimo piacevole pensiero è l’orzata da passeggio che ci viene offerta in bicchiere di carta quando stiamo per uscire, insieme ad una busta contenente una cartolina stampata che dice:
“Lu giudiziu è ca te campa, lu pane quantu pare ca te binchia.”
Mi strappano un altro sorriso mentre cerco di decifrare la frase in pugliese di cui all’inizio non avevo colto il significato, e ammetto dentro di me che in fondo con questo, hanno proprio vinto loro.
BROS’
via Acaja 2, 73010 Lecce LE
Aperto tutti i giorni a pranzo e cena tranne il martedì
Telefono: 0832 092601